Tutto è successo a Terlago in Valle del Sarca, ma la storia raccontata da Manolo su questo progetto che non c’è più forse poteva accadere in qualsiasi altra falesia…
Il primo che aveva sognato di salire
quel muro “impossibile” era stato Roberto Bassi. Poi, dopo un
lunghissimo oblio, qualche mese fa il sogno era stato ripreso da Guido
dal Fovo e da Manolo. Ma, quando ormai la conclusione sembrava a
portata di mano, tutto è tornato al punto di partenza. Manolo e Guido
hanno tolto quella resina (usata per consolidare “4 croste e una ruga”)
che è stata criticata e che ha provocato la loro rinuncia. Il loro Roby
Project dunque non c’è più. E’ svanito insieme a mesi di lavoro, di
prove, di gioie e di sforzi. Solo apparentemente però. Perché i sogni
non possono sparire nel nulla… lasciano sempre una traccia. Quella
raccontata da Manolo è la storia di un progetto che per lui non c’è
più, anche se gli spit sono ancora lì. Ed è anche la storia di come,
alle volte, non riusciamo a dialogare e a vedere nella giusta
prospettiva le cose. E’ semplicemente una storia di arrampicata
insomma. Ma se volete è anche qualcosa di più.
ROBY PROJECT 8c/9a? di Maurizio ‘Manolo’ Zanolla
Dedico
questa via che non esiste a due amici: Roberto che l’aveva intuita e
Guido che l’aveva quasi “chiusa”. Non possiamo cancellare ciò che è
stato ma solo cercare di non ripeterlo. Questa storia è realmente
accaduta, è la fine di un progetto di cui mi assumo tutte le
responsabilità, ma voglio ricordare che Guido era un appiglio più
avanti.
Quando in primavera ho iniziato a provare Thin Ice ho
notato alcune prese consolidate e una costruita completamente in
resina, ma l’ho ritenuto normale. Anche perchè, in tutta la valle del
Sarca, le falesie sono piene di appigli consolidati non solo nelle vie
difficili e, Terlago non è assolutamente esente. Inoltre durante i
nostri tentativi questa pratica continuò, confermando il tacito uso
della resina. L’arrampicata libera, (almeno nel fondovalle del Sarca) è
stata definitivamente sostituita (o spazzata via) dall’arrampicata
sportiva e molte vie sono state richiodate e (alcune che potremmo anche
definire storiche) addomesticate con qualche spit in più.
Nessuno
si è mai lamentato e la resina è stata da vent’anni tacitamente
accettata. Questo però non significa che dibatterne l’uso o l’abuso
possa portare a consapevolezze diverse. Ben venga anche una consapevole
indignazione di fronte all’uso e all’abuso ambientale ormai purtroppo
destinato solo a scopo di lucro. Anche se credo che sarebbe meglio
farlo senza viaggiare in quella mongolfiera di sapone piena di
contraddizioni che noi… Alpinisti e arrampicatori spesso usiamo per
sorvolare sulle cose.
Dopo Thin Ice, Guido dal Fovo mi ha
proposto un vecchio progetto di Roberto Bassi, che era semplicemente la
linea accanto, Roberto, aveva messo i primi tre spit in alto poi,
“forse” aveva ritenuto la linea troppo difficile o forse aveva finito
gli spit …non lo so, ma quell’idea non continuò. Il progetto era
libero, nessuna obiezione… potevamo provare.
Proprio con
Roberto, quasi trent’anni fa, prima che le strade della vita ci
allontanassero, chiodavamo i primi itinerari sportivi in una valle che
probabilmente anche per questo, ora è completamente diversa. Quella
fase “creativa” è qualcosa che a volte mi cattura ancora, molto più che
investire semplicemente energie a infilare numeri. Forse è per questo
che, alla fine dell’estate, sono ritornato a Terlago per provare “Roby
project”.
Non avevo voglia di investire energie in progetti
esageratamente difficili ma a volte gli appigli “non s’incontrano per
caso“ e la linea mi ha catturato immediatamente. La vita sembrava
incrociare nuovamente le nostre strade e l’idea di regalarla ad un
amico alimentò, insieme agli ultimi soffi dell’Ora, una motivazione
forte e diversa. Subito però le dita tagliate da quelle infide lamette
ci fecero capire che i singoli erano più cattivi del previsto e, gli
avambracci doloranti dopo pochi movimenti, rivelavano una continuità
davvero intensa. Sono stati necessari diversi tentativi per assuefare
il dolore di quelle millimetriche prese e mettere insieme quella specie
di Mandala.
Sarà che abbiamo cent’anni in due, ma non è stato
facile scoprire metodi ed equilibri per trovare la fluidità necessaria
a progredire. Una difficoltà che aumentava con la rottura di appoggi o
appigli, obbligandoci a cambiare spesso soluzioni. Un paio di croste e
una ruga, erano davvero precarie e abbiamo deciso di consolidarle
perché non c’era nient’altro da fare in quel tratto completamente
liscio – gli appigli consolidati, non sono stati tolti dalla sede
originaria e nemmeno raccolti a caso dal suolo, ma semplicemente
consolidati con un po’ di resina e il più grande non credo superasse il
mezzo centimetro. Abbiamo cambiato i vecchi spit sostituendoli con dei
nuovi in inox e finito la linea fino in fondo.
Insomma
“consolidare” quattro croste esistenti su una via di quasi cinquanta
movimenti più vicina al 9a che all’8c lo reputavo (e lo reputo) un
accettabile compromesso e, per rendere meglio l’idea, credo che tutta
la resina usata per saldare quelle croste non sia sufficiente per
fissare quattro, cinque fittoni o per costruire una delle più piccole
prese sintetiche in circolazione. Ad ogni modo una o quattro il
principio non cambia.
Quando dal terzo spit riuscii in
continuità, mi sembrò ovvio riflettere sul fatto che nei primi
movimenti eravamo costretti da un paio di appigli sulla via accanto
(Thin Ice) e, ci sembrò altrettanto ovvio spostare i primi due spit e
rendere la linea perfettamente diritta e completamente autonoma. Le
difficoltà sarebbero nuovamente aumentate ma in fondo stavamo soltanto
giocando.
Consolidammo per sicurezza le prime tre fragili prese,
anche per evitare di cadere a terra, ma la resina usata si rivelò
disastrosa si miscelava male ed era davvero difficile lavorarla inoltre
era oleosa e quell’unto non voleva andarsene ed era anche brutto da
vedersi. Decidemmo di togliere tutto e rifare il lavoro, con una resina
nuova, cercando di ripulire il possibile. Quel giorno avevo poco tempo,
non riuscii a ripulire completamente tutto e nemmeno a consolidare
l’ultima presa.
Poco tempo dopo, pensando solo a scalare siamo
riusciti a passare senza quell’ultima presa ma improvvisamente a
Terlago la resina non era più tollerata, nemmeno da chi l’aveva usata
fino a ieri. Di punto in bianco Pat Garret, messosi una stella è
passato dall’altra parte e, senza dialoghi e preavvisi, ha iniziato a
sparare alle spalle… Volevo dirgli che aveva sbagliato film, che era
tutto troppo ridicolo, che forse bastava uscire con le mani in alto e
parlare. Non credo che fosse pagato da “Chisum” ma sembrava che l’unico
modo per farlo smettere fosse cancellare tutto… mesi di tentativi ma
soprattutto una straordinaria linea insieme al sogno di dedicarla a un
amico.
Ora mi rendo conto che davvero certi appigli non li
incontriamo per caso e nemmeno certe strade. Roby Project non esiste
più… ed io non ho fatto nulla per difenderla.
Ho scritto queste
righe anche perché l’informazione non sia sempre “copia e incolla” e
per esprimere senza vergogna la mia chiara tolleranza per la resina,
che se usata dove è davvero necessario, magari con buon gusto, potrebbe
“incollare “ un ponte fra il passato e il futuro. Soprattutto però l’ho
fatto per chiedere scusa all’unico che è davvero fuori dalle righe, a
lui va tutto il mio rispetto: era ad un passo dalla sua prima grande
via e non voleva certo facilitarsi la strada artificialmente e nemmeno
accumulare numeri. Guido ha salito numerose vie difficili (le ultime
Mojado 8b e Thin Ice 8b/c) e non lo sa quasi nessuno. Anche lui si
avvicina ai cinquanta e scala davvero per passione e per gioco… l’ha
dimostrato rinunciando a tutto in un modo disarmante. Io non lo so se
ne sarei stato capace. Questa è davvero una grande lezione. Chapeau.
Manolo
Recent Comments